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I semi sotto la neve sognano il sole
19|10|24
Open Group, Via Santo Stefano, 45, 40125 Bologna BO.
Nell'ambito del Festival La città delle donne, ideato dall'Associazione spostaMenti, 20 tra donne e bambini ucraini del centro di accoglienza di Via Santo Stefano di Open Group, cooperativa co-organizzatrice della manifestazione, insieme a donne del territorio sono state parte attiva nell'azione di arte relazionale dove l'opera, oltre all’azione stessa, è stata il prodotto di essa, e il gesto di ogni partecipante ha assunto un particolare valore simbolico.
L’artista Silla Guerrini con questo evento ha voluto cogliere un’opportunità di incontro e connessione di poteri femminili accomunati da intenti di collaborazione, pace e armonia a favore di un processo di crescita delle vibrazioni comuni di valore etico, grazie alle quali favorire, in maniera sottile, la connessione energetica e il potenziale di un cerchio di donne sul tessuto sociale nel quale vivono.
Se un’opera d’arte in una mostra è un dispositivo che attiva comunque delle forme di riflessione e reazione nel pubblico, nell’arte relazionale l’opera, realizzata dagli stessi fruitori, diventa un congegno rafforzato che attraverso l’azione che la determina agisce in maniera più profonda e consapevole.
I partecipanti sono stati invitati a indossare qualcosa di rosso per il suo forte valore simbolico legato alla vita. Seduti in cerchio, nel concetto di appartenenza che esso determina, sono stati invitati a realizzare delle sfere, e liberamente, dei manufatti di argilla all'interno dei quali hanno posto i semi di grano che hanno estratto da una spiga.
Al termine dell'azione ognuna è stata invitata a prendere uno degli elementi prodotti (non il proprio!) e a portarlo in un luogo dove donarlo alla terra come atto di fecondazione e abbondanza, nella consapevolezza che ogni nostro gesto ha il potere di generare esperienze vitali ben precise.
Il resto delle forme di argilla prodotte, in qualità di memoria residuale, verranno conservate dall'artista una volta cotte. Si attuerà, quindi, quel processo di trasformazione che grazie al fuoco darà idealmente forza e solidità alle intenzioni di cui le donne partecipanti hanno intriso la materia verso la loro generazione e attuazione. Ciò che rimarrà sarà dunque l'importante traccia di un'azione simbolica di semina nel mondo, per il pianeta e per gli esseri viventi su di esso.
Silla Guerrini intende dedicare questa azione a quella che è, di fatto, l'ideatrice dell'arte relazionale: l'artista sarda Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013).
I cervi bramiscono anche nell’occhio della tigre
16|11-14|12|23
Spazio B5, Vicolo Cattani, 5/b, 40126 Bologna BO.
Una serie di quaranta collage costituisce l’articolato corpus di inediti che Silla Guerrini (Ferrara, 1967) presenta nelle sale della galleria Spazio B5.
Le opere sono state tutte create durante il periodo di reclusione dovuto all’emergenza sanitaria e questo aspetto ne determina sia l’ambito linguistico che quello concettuale. La scelta di utilizzare come medium il collage, a mio avviso, richiama direttamente, e non a caso, l’atmosfera di forte inquietudine e incertezza dell’Europa centrale degli inizi del Novecento.
Come linguaggio il collage, nella sua forma autentica e originaria, risente del forte impulso di disarticolare e ricostruire in modo nuovo le fondamenta stesse del nostro essere nel mondo. Inoltre assume il vagito, la formalizzazione inarticolata e balbettante come possibilità altamente espressiva. La capacità di dissolvere e superare una cristallizzata visione, e il pensiero altrettanto statico che la sorregge, è alla base di questo linguaggio “rivoluzionario”.
Nei mesi in cui l’artista componeva e assemblava le sue opere il mondo esterno sembrava in procinto di scomparire, mostrando inequivocabilmente la sua fragilità e costringendo un po’ tutti a guardare allibiti questo amaro ma potenziale scenario. Alcuni attendevano fiduciosi, benché impauriti, che a questo processo di disgregazione seguitasse la riformulazione, la nascita di un mondo nuovo.
Probabilmente tale speranza è intessuta in filigrana in queste carte che sono in definitiva un tentativo di immaginare che il mondo, i suoi enti e contenuti possano senza soluzione di continuità morire e rinascere eternamente in una danza incomprensibile e misteriosa.
Formalmente i lavori in mostra sono composti da tutta una grammatica casalinga e domestica, ovvero i materiali di cui l’artista disponeva nel momento in cui ha creato. Semi di sesamo, carta combusta dal pane cotto nel forno, riviste ritagliate, lettere ricevute e mai spedite, fotografie tagliate col bisturi, foglie d’oro zecchino, impronte di unto, stesure di caffè, vino, tracce di colore, ecc.
Rappresentazioni atemporali dell’universo interiore, dove la processualità dell’atto o del rito quotidiano è evocato dal gesto che crea una forma sulla carta. L’insistita manualità, che contraddistingue le opere, va letta come forza propulsiva di spostarsi lontano da un presente troppo oscuro per risplendere. La casa, la stanza dove l’artista lavora, diventa allora una sorta di astronave che la conduce lontano da tutto ciò che è conosciuto e familiare.
L’ambito del domestico è oggi molto banalizzato perché ritenuto poco glamour, tuttavia fu proprio il più anticonformista dei poeti, Arthur Rimbaud (1854 Charleville-Mézières - 1891 Marsiglia) nel suo celebre “Una stagione all’inferno”, a sottolineare la fatalità di questa dimensione tutt’altro che innocua.
Un’ultima cosa può essere detta sulla piacevolezza stilistica di questi collage che vanno inquadrati non tanto in una visione estetica occidentale, dove la grazia formale è spesso sinonimo di leziosità e mancanza di contenuti, quanto piuttosto in un ambito orientale, dove il più abissale pensiero si cela nello splendore di una superficie decorata a foglia d’oro. Insomma lo sappiamo tutti che niente è quello che sembra.
Marcello Tedesco
Photo credits: Michele Levis, Luca Guenzi.
L’eterno femmineo ci chiama a sé
27|09|23
UNFOLD, evento OFF Cersaie, Wedolab, Rizoma Architetture, Riluce, Bologna.
Comporre oggi un contributo critico sul lavoro di un’artista che non sia una mera propaganda del suddetto è compito arduo e delicato. Necessario, immagino, è avere il buon gusto di estroflettersi con agilità di danzatori da rigidi e tetri schemi interpretativi; rinunciando a quella, ormai nota a tutti, arroganza dello sguardo che si posa sul mondo e sui suoi fenomeni senza penetrarvi in alcun modo. Può tuttavia accadere, con una buona disposizione dello spirito, di avere un sentore, un’intuizione vaga e sfuggente, ma proprio per questo affascinante, di un palpito di vita, un benefico calore inaspettato e gradito, guardando un’opera d’arte. Ammetto che quello appena descritto è ciò che mi è accaduto imbattendomi nelle pitture di Silla Guerrini. Complessivamente il suo percorso di artista si delinea con un’invidiabile serenità, ormai da decenni, in un territorio di ricerca solitario e paziente. Ciò gli ha permesso da un lato nel non cadere in quella tragicomica ansia di apparire a tutti i costi, spesso a sproposito, di molti oggi, dall’altro di approfondire con una certa perizia diversi linguaggi espressivi della tradizione artista: pittura, scultura, azioni relazionali.
Il grande tema che la sua arte ha concettualmente scelto come banco di prova si può sintetizzare in quello che il celebre poeta tedesco Goethe nel XVIII secolo chiama “l’eterno femmineo”. Ovvero un’esplorazione articolata e abissale di quel principio archetipico che connota la creazione, la nascita, la vita. Misteri apparentemente insondabili caratterizzano le opere di Silla, ma a differenza di quello che verrebbe ovvio pensare visto la serietà del tema, esse vivono in un territorio di leggerezza aerea, liquida, un sentire placido e morbido. Poggi lo sguardo su una sua tela e se sei fortunato vedi emanare da essa una moltitudine di cangianti falene ridenti.
Il tema del fiore è congeniale all’artista per esplorare la mutevolezza umoristica del vivente, una pittura prevalentemente liquida coglie sapientemente la cangiante metamorfosi di ciò che vive e che in virtù della sua oggettiva bellezza non chiede e non pretende alcuna attenzione: una rosa è una rosa e fiorisce senza un perché, diceva Angelus Silesius. La bellezza come la verità oggi pare volontariamente celarsi, dissimularsi e l’artista è consapevole di ciò e le sue immagini mostrano proprio questo fenomeno inaudito per le sensibilità contemporanee. Una tavolozza lieve di matrice tonale coglie l’etere della luce su queste sostanze vegetali che la sensibilità dell’artista restituisce come palpitanti organi: manifestazione di questa trionfante e irriducibile tenacia di ciò che è permeato di vita, di lieve materia congiunta in sposalizio con lo spirito.
Marcello Tedesco
Dimer
14-9|09|23
Casa Romani, Piazza Santo Stefano - Stienta, Rovigo.
L’esposizione vuole essere principalmente un’azione intima e affettiva. L’evidente e significativo vuoto della sala crea un intenso dialogo tra il ritratto dell’artista e quello del padre, Dimer Walter Guerrini scomparso nel 1978. Quest’ultimo è dipinto su un fondo di carta di giornali del periodo in cui nasce Silla, gli anni sessanta, applicato sopra un lenzuolo di canapa ricamato e appartenuto alla famiglia Guerrini. I due volti si pongono in relazione con quelli, al piano superiore, realizzati dall’artista Pier Maria Romani che ritraggono, tra gli altri stientesi, i familiari e l’artista stessa.
Accanto al ritratto di Dimer si trova un dipinto dal titolo Nigella sativa [pozzo sacro], del 2020, dedicato alla madre di Silla. Inoltre è presente l’opera Tholos, del 2021, ispirata alle uterine coperture dei pozzi sacri della Sardegna, antiche costruzioni votate al culto delle acque e del femminile. Su un tavolo bianco è possibile sfogliare il libro d’artista, il feticcio dei feticci del 2021, che contiene memorie, disegni, simboli ed elementi inerenti la ricerca dell’artista, ogni pagina è concepita come un’opera a sé stante.
“Simboli archetipici che trovo nella preistoria, in quella antica ricchezza, a lungo oscurata, dove compare il culto della figura femminile nelle sue molteplici forme di rappresentazione, è la Grande Madre che, incarnandosi in vari miti, è una sola dietro ai mille nomi e alle mille storie attraverso le quali è stata raccontata. Un universo di riferimenti che mi porta alla rappresentazione di immagini e forme originarie che cercano oggi una nuova significazione. Sono elementi che sembrano emergere spontaneamente, contenuti eternamente presenti che affiorano nell’immaginario collettivo attraverso linguaggi tra loro molto diversi. Segni che ritornano, più vividi che mai, dopo millenni di oblio in cui il patriarcato si è sostituito alla cultura matrilineare, cancellandone ogni potere e traccia dalle strutture sociali e dalle storie religiose, secoli di persecuzione, di violenza e di negazione dei diritti alle donne.
L’attenzione a quel passato, e a ciò che ne testimonia l’esistenza, diventa uno strumento di ricerca rispetto a ciò che di buono può e deve essere fatto per il futuro della vita.
Il concetto di fertilità, intrinseco alla Dea Madre, è la potente capacità creativa e creatrice che, in senso metaforico e in piena trasversalità di genere, diventa l’inequivocabile predisposizione a generare idee e a trasformarle in realtà mettendo così in atto esperienze vitali. L’atto di reiterazione del femminile volge al recupero del sacro dentro a ogni donna.
Ogni media, tecnica o supporto sono solo un modo diverso per parlare del forte legame della donna con la Terra e quindi con la Vita. L’originaria predisposizione della parte femminile - che si pone in maniera trasversale ai generi - di seguire il ritmo della natura, di osservare e conoscere la straordinaria ricchezza e complessità del mondo vegetale, sono caratteristiche irrinunciabili per assicurare una maggiore vicinanza dell’essere umano all’ambiente che da sempre lo accoglie, nell’ottica di rispetto e salvaguardia del pianeta, alla ricerca di equilibrio e salute per la civiltà futura”.
Aria, Acqua e Fuoco, 50 anni di passione.
11-14|05|23
Damasco Art Exhibition, Via Zeffirino Re, 20 - Cesena
Siamo lieti di annunciare la mostra Aria, Acqua e Fuoco, 50 anni di passione, presso la galleria Damasco Art Exhibition di Cesena che si terrà dall’11 al 14 maggio 2023.
Il progetto espositivo ripercorre e descrive, attraverso documenti inediti, immagini e oggetti storici, il percorso di innovazione e successo che ATI - Mariani Thermo Group, azienda leader nel settore termoidraulico, ha saputo creare e mantenere in più di cinquanta anni di attività.
Aria, Acqua e Fuoco sono gli elementi naturali con i quali una squadra di professionisti si misura quotidianamente, profondi conoscitori della materia, degli elementi e delle loro trasformazioni. Uomini e donne che hanno costruito una storia di successo fatta di impegno, passione e innovazione.
Fondata nel 1973, dal Geometra Mario Mariani, uomo dallo spirito innovatore e intraprendente, ATI - Mariani Thermo Group si è contraddistinta per un’approccio sempre all’avanguardia senza mai perdere di vista i valori umani e comunitari. Come rilevato nel 2018 dall’allora sindaco di Cesena Paolo Lucchi in occasione della visita istituzionale nella sede di Torre del Moro:
“Realtà come la vostra sono la dimostrazione di come un’impresa che ha a cuore il futuro dei suoi 70 dipendenti sia riuscita a rinnovarsi continuamente, dedicandosi alla realizzazione di prodotti che rappresentano nicchie di mercato e, allo stesso tempo, eccellenze a livello europeo".
Inoltre, ciò che abbiamo letteralmente toccato con mano è come sia perfettamente riuscito il ricambio generazionale, unendo all’innata passione per il proprio lavoro quella capacità imprenditoriale necessaria per crescere e svilupparsi”.
Attraverso un nutrito percorso fotografico sarà possibile apprezzare le immagini che testimoniano la nascità dell’azienda, gli uomini e le donne che hanno contribuito al suo sviluppo e successo. Nella teca in esposizione, verrano presentati oggetti personali appartenuti a Mario Mariani, recentemente scomparso, che testimoniano la figura competente e appassionata di un’uomo che ha creato, grazie alla propria visione e alle proprie intuizioni, una realtà energica e fuori dall’ordinario. Sarà possibile inoltre ammirare una quadreria di affezione con alcune immagini di carattere personale del Geometra e dei figli, Fabio e Marco, che hanno saputo ricevere il testimone dal padre e guidano l’azienda con grande coerenza e professionalità, verso fortunati sviluppi futuri. Inoltre ci sarà un modello di caldaia degli anni settanta e un’installazione artistica realizzata con i tubi di fumisteria, rilevante settore produttivo dell’azienda.
A cura di Silla Guerrini.
È ora di rappresentare nuove visioni. Con grazia.
09|07|22
Lama Mocogno, Modena
Azione di arte relazionale. Festa Internazionale dell'Arte a Lama Mocogno e dintorni infinitamente allargati, a cura di Sandro Malossini.
Photo credit: Dario Rondelli.
"È una di quelle giornate caldissime in cui non si respira e il sole spietato mi brucia la pelle.
Parto da Bologna con Lucia, Cristiano e Dario, destinazione Lama di Mocogno, un piccolo paesino sugli Appennini modenesi.
Dopo circa un paio d'ore, e dopo varie imprecazioni per la strada alternativa che il navigatore ci fa fare, arriviamo davanti al Municipio.
Ci attende Sandro Malossini che sta curando la Festa Internazionale dell'Arte a Lama Mocogno e dintorni infinitamente allargati. Lì il caldo è nettamente inferiore a quello della città, la temperatura è di almeno dieci gradi inferiore.
Allestisco nella Sala Consigliare tutto ciò che ho preparato per la mia azione di arte relazionale che si svolgerà nel pomeriggio, dal titolo: È ora di rappresentare nuove visioni. Con grazia.
Pranziamo insieme ad altri artisti che partecipano, agli organizzatori e alle figure istituzionali coinvolte, il clima amichevole ci fa stare bene.
Alle 16 le persone entrano nella sala oscurata, dove una lama di luce illumina la lastra di argilla fresca che ho preparato il giorno prima.
L'ambiente, buio come un ventre materno, accoglie ogni cuore che entra. Un audio diffonde il rumore del vento.
Invito, una alla volta le persone a interagire con l'argilla, a lasciare un'impronta, con intenzione. Ad affondarvi il dito, attraverso un gesto di fecondazione, come quello che si fa quando si vuole piantare un seme nella terra. Un segno antico che ci parla di equilibri naturali e di rispetto per la vita.
Dono a ognuno un foglio di carta sulla quale ho annotato un diverso proverbio sul pane e, insieme, una spiga di grano che potrà essere ugualmente seminata per un nuovo ciclo vitale".
cronache
17-19|09|21, Borgo di Colle Ameno, Sasso Marconi
Un piccolo festival delle arti che ha segnato il primo anno dalla fondazione del collettivo Capital Project e delle attività di questo all’interno del Borgo di Colle Ameno. Il periodo intercorso, per quanto breve e caratterizzato da una crisi globale, ha ugualmente permesso agli artisti di sviluppare una serie di attività in stretta relazione con il territorio e gettare le basi per un programma articolato e per certi versi inedito nelle finalità e nelle modalità. Il punto di partenza è stato quello di considerare il lavoro artistico come una forza capace di inserirsi nei processi della vita civile e determinarne, per certi versi, alcuni aspetti. Difatti durante il corso dell’anno, sia per fronteggiare la sconcertante situazione pandemica sia per approfondire una pratica artistica in grado di svolgere un ruolo attivo e puntuale e per certi versi utile alla comunità, il collettivo ha deciso di indagare il concetto e la prassi di Spazio Pubblico. Individuando in esso un territorio potenzialmente in grado di introdurre nuovi decisivi impulsi non solo alla dimensione culturale ma, in maniera più estesa, a quella dell’organismo sociale nel suo complesso. Artisti in mostra: Riccardo Bellelli, Marco Bucchieri, Alessia Cincotto, Vincenzo D’Argenio, Francesco Di Tillo, Silla Guerrini, Opificio di Arte Scenica, Eva Laudace, Manuela Rasori, Vale Palmi, Elisa Prosperi, Enzo Sbarra, Marcello Tedesco.
apotrópaios
04-30|05|21, Borgo di Colle Ameno, Sasso Marconi
Nell’ambito del programma di residenze di Capital Project a Colle Ameno, Silla Guerrini espone alcune opere recenti. Al centro della ricerca dell’artista troviamo l’archetipo della dea madre insieme a simboli e a forme originarie che cercano oggi una nuova significazione.
Si tratta di elementi che sembrano emergere spontaneamente, contenuti eternamente presenti che affiorano nell’immaginario collettivo attraverso linguaggi tra loro molto diversi.
Come è riportato da Erich Neumann: tramite il simbolo l’umanità si eleva dalla fase primitiva dell’assenza di forma alla fase di configurazione della forma stessa verso lo sviluppo della coscienza. Ciò sembra paradossale in un’epoca così satura di immagini e simbologie. Ne consegue una riflessione su una realtà decadente che necessita di essere ripensata affinché la vita, e quindi l’essere umano e la natura, trovino nuovo valore e legittima attenzione.
forme di discontinuità
05|09-16|09|20, Villa Davia, Borgo di Colle Ameno, Sasso Marconi
La mostra Forme di discontinuità, a cura di Capital Project, ha inaugurato gli spazi della villa settecentesca edificata dal Marchese Ghisilieri nel 1700, restaurati dal Comune di Sasso Marconi e restituiti alla cittadinanza.
L'evento espositivo apre il progetto di residenza artistica, della durata di un anno, dove elaborare un nuovo rapporto tra arte e società. Silla Guerrini, che partecipa al progetto insieme a Marcello Tedesco e Francesco Di Tillo, concentrerà la propria ricerca su due archetipi economici e vitali primordiali: la donna e il pane.
mater panis
25|01-28|02|19, mtn | museo temporaneo navile, Bologna
È la mostra con cui ha inaugurato il primo museo di quartiere in Italia, dove il concetto di territorialità è stato declinato attraverso i parametri dell’archetipo. Al centro della mostra una grande dea madre di pane.
L’artista si rivolge a questa immagine universale per evidenziare che il pianeta terra e il suo destino sono il vero territorio comune a tutti gli esseri umani. Al termine della mostra la scultura di pane mater panis è stata donata alla terra.
Silla Guerrini è co-direttrice insieme a Marcello Tedesco di mtn | museo temporaneo navile.
Mostra nell'ambito di Art City Bologna/Artefiera 2019.
dee e terra
08-16|12|2018, Quartiere Navile, Bologna
Azione performativa che ha coinvolto 12 abitanti del quartiere Navile a Bologna. Ognuno è stato invitato a scegliere un luogo a lui caro e bisognoso di attenzione, di cura o di conservazione. Insieme all'artista ha interrato una statuetta di pane raffigurante una venere. L'azione è stata documentata ed è entrata a far parte dell'installazione site specific Territorio nella mostra mater panis al mtn | museo temporaneo navile.
Al termine della mostra l'opera maper panis è stata interrata in prossimità della sede del museo. L'azione di interramento della tredicesima dea è avvenuta alla presenza del Presidente del Quartiere Navile e di alcune classi di studenti del Liceo Sabin, di Bologna.
a cuore aperto
31|01-03|02|2018, Atelier Yesey, Bologna
Esposizione immersiva delle opere di Silla Guerrini nell’affascinante laboratorio creativo di Dana Virginia Jauker stilista dei bellissimi cappelli 100% handmade con il brand Yesey. Nello storico edificio appartenuto alla ditta “G. Fiorini”, artefice delle pavimentazioni dei portici di Bologna, tra migliaia di antiche forme di legno per cappelli, trovano collocazione volti di donne ognuno in dialogo con un copricapo di ricerca.
Dipinti a olio su pagine di riviste degli anni Sessanta applicate su tela, ci parlano di un mondo in decomposizione. Sono i codici in cui i colori pittorici si sovrappongono a vecchie foto e icone pubblicitarie monocromatiche, dove casuali colature destrutturano inesorabilmente la forma.
L'ingrediente segreto, Dea Faber al Forno di Calzolari
2018
Forno di Calzolari, Bologna.
Nel 2018 Matteo Calzolari invita Silla Guerrini a essere presente con l'opera video "Dea Faber" nella stanza del lievito madre nel laboratorio a FICO, Bologna. Video: auroreaudiovisivi.
de humana anima[li]
23|06-22|07|2016, Galleria B4, Bologna
Ritratti di animali come fermo immagine di un dialogo intimo: uno scambio di sguardi, di sentire e di esperienze, che conducono a potenziali decifrazioni, quindi alle sue trasfigurazioni artistiche. Non solo gli animali da compagnia - che vivificano un rapporto affettivo ‘umano-animale’, dove la relazione trascende ruoli e categorie, per diventare sic et simpliciter di mutua felicità - ma anche quegli animali (selvaggi) che più raramente attraversano la nostra quotidianità, eppure rappresentano grumi di senso potenti del nostro immaginario. A. G.
ho impastato come una dea madre
27|01-31|01|2016, ZonaZago7, Bologna
Video, fotografia, pittura, scultura e performance indagano un tema caro all’artista, quello della Dea Madre, generatrice e nutrice, focalizzandosi su un elemento essenziale, che è il leitmotiv che lega tutte le opere in mostra: il pane. ”Da anni mi confronto utilizzando strumenti diversi, con tutta una costellazione di immagini e forme archetipiche che hanno a che fare con il femminile: lì trovo un nodo simbolico, un centro dove si mescola sacro e profano, cultura e tradizioni. Una storia personale e intima, che diventa storia collettiva e universale, come fosse un impasto”.
Mostra nell'ambito di Art Setup Plus 2016.
i feticci degli altri
21-24|05|2015, ZonaZago7, Bologna
Senza qualcosa che prova la nostra esistenza ci sentiamo a disagio, proviamo un senso di vuoto.
I feticci rappresentano esistenza, concorrono a creare la storia delle persone, di “loro“ facciamo fatica a disfarci. Rappresentano un mondo di legami e affetti che non vogliamo perdere.
“ciapapolvar”.
Per i bambini sono oggetti transizionali, fonti di certezze. Da grandi diventano il veicolo della memoria, portano ricordi, vissuti familiari, momenti, passioni, dolori, affetti, amore. Testimoni “silenziosi” delle nostre vite, ci accompagnano nella nostra storia, ci sopravvivono.
Attraversano il tempo, quasi immortali.
"Ne abbiamo tutti, almeno uno. Perfino quando non ce ne rendiamo conto: a volte ci manca solo la parola giusta per dare un nome alle cose. Feticcio viene dal francese fétichè, derivato a sua volta dal portoghese feitiço - dal latino faticius, ovvero idolo falso, fittizio - che era il termine coniato dagli esploratori portoghesi quando vennero a contatto con le tribù autoctone dell’Africa, per designare quegli oggetti (idoli, amuleti) venerati dagli indigeni. Partire dall’etimologia è già un viaggiare attraverso il tempo: le stratificazioni di significato e attribuzioni che hanno rivestito un segno, una parola, trasformandola semanticamente (...)
Facciamo di tutto pur di non perdere qualcosa. O meglio, dovremmo fare il nostro meglio, per non dissipare niente di prezioso come l’identità più intima, nostra e delle persone che amiamo. Sono tutte prove di esistenza: addizioni contro la sottrazione del tempo e del vuoto".
A. G.
inutili
2010-2020
Tutto nasce da un seminario sull’Arte Pubblica all’Accademia di Belle Arti di Bologna, organizzato da Roberto Daolio e Milli Romano, che mette in luce l’importanza del concorrere di diverse competenze e professionalità nella realizzazione di un’opera pubblica. È lo spunto perfetto per dare vita a una nuova esperienza di condivisione e impegno comune, di aggregazione sociale attraverso il linguaggio artistico e di appartenenza profonda. Una sera Silla Guerrini, Luca Guenzi e Lorena Menzani, vengono colti dall’atroce consapevolezza di essere inutili. L‘inutilità diventa un interessante concetto sul quale riflettere, giocando graficamente con la parola scomposta attraverso le minuscole/maiuscole, ecco che l‘inutilità diventa inUTILITÀ (dentro l‘utilità), un gioco paradossale e un potenziale generatore di interessanti corti circuiti. Prende vita il gruppo degli inUTILI e inizia un‘esperienza in bilico tra sociale e arte che, grazie all'iniziale cura di Franco Basile, produrrà 14 eventi a Bologna e provincia.
"Che cosa c’è di più serio e importante di un sorriso dettato dall’ironia? L’interrogativo è una costante del gruppo che afferma di rifiutare le epressioni omologate dalla categoricità accademica, che si allontana dalle sensazioni che portano alla convenzione estetica, che dalla convergenza e dall’intreccio di molteplici fattori trae mezzi linguistici tra irrazionalità e nonsenso; in definitiva, un fare che provoca e irride il gusto comune e dunque un esercizio diretto ad una nuova forma del reale attraverso elementi del vero reinventati per stravolgere l’idea che abbiamo di loro, di quei particolari che l’abitudine consumistica non consente di scoprire".
Franco Basile